by Chiara Piunno

martedì 2 aprile 2013

Mèlas


Mèlas, quella notte, aveva ucciso quattro persone.

Era la prima volta che rivolgeva le proprie armi contro degli esseri umani.

Per molti colleghi, ciò rappresentava un salto nel buio, un punto di non ritorno: alcuni trovavano in questo tipo di caccia la propria vera vocazione, altri si struggevano nel rimorso per tutta la vita.

Il Vecchio, scegliendo la seconda opzione, aveva iniziato a dipendere dalla bottiglia, e da allora non si era più ripreso.

Mèlas cambiò gli abiti macchiati, pulì se stesso e infine le armi che il vecchio cacciatore di mostri gli aveva fatto usare. La maschera - un pezzo di cuoio scuro ovale che copriva l'intero volto - la piegò e infilò nella sacca a tracolla.

«Come ti senti?»

Il Vecchio si era calmato. La durezza dei lineamenti cozzava con la smania dello sguardo. I sensi di colpa lo corrodevano dall'interno, a dispetto dello stordimento artificiale con cui cercava invano di placarlo. Si avvicinò al ragazzo, di neppure quindici anni.

«Rispondimi!» sibilò, aggressivo «Dannazione, non fare la solita scena muta!»

Era sempre più allucinato. Lo afferrò per il bavero dell'abito.

«Cosa provi ora che sei un assassino?»

La domanda reale - "...Che ti ho fatto diventare un assassino..." - la ingoiò.

«Niente.»

La voce acerba di Mèlas era coerente con quanto affermava.

L'uomo si rilassò. Lo lasciò andare.

Fosse stato un ragazzo normale, mai avrebbe permesso che il suo apprendista imboccasse quella strada maledetta.

Ma Mèlas non lo era.

Agile, forte, preciso, letale e privo di emozioni: un sicario perfetto. Gli ingaggi sarebbero piovuti abbondanti come grandine, non appena la voce della sua esistenza si fosse sparsa. Lui avrebbe saldato i suoi debiti, il ragazzo si sarebbe assicurato un avvenire.

Non avrebbero più patito il freddo e la fame come l'inverno passato.

Era una giustificazione sufficiente per quanto accaduto quella notte.

Il Vecchio gli diede la solita pacca burbera tra capo e collo.

«Togliti quei capelli dal viso, o uno di questi giorni giuro che ti raso a zero! Torniamo alla bettola.»

 
(cit. "Il principe del Drago" di Chiara Piunno)

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