"Era stesa
supina, in bilico fra il bordo del triclinio e il prato. Il ragazzo biondo era
chino sui suoi seni scoperti, e li baciava con foga sotto lo sguardo paziente
di un altro commensale, che aspettava semplicemente il suo turno,
accontentandosi di accarezzarla sotto i delicati panneggi della veste. Saphina
lanciò un urlo oltraggiato, ma ne uscì solo un rantolo che venne di certo mal
interpretato, dato che il giovane si scostò e lasciò lo spazio all’altro.
L’uomo le morse i capezzoli mentre frugava tra le sue gambe con la mano. Con un
ringhio esausto e disperato di rabbia, la ragazza lo colpì al volto poi al
ventre con le ginocchia, quindi iniziò a tempestare di pugni l’altro, usando
quella forza tremante per riuscire a sollevarsi. Intorno a loro nessuno
sembrava far caso alla sua reazione, anzi qualcuno ne rise.
Fortunatamente
per Saphina, le droghe che aleggiavano nell’aria rendevano lenti e ottusi gli
spasimanti. Tornando di colpo lucida, lei si strappò dalle loro grinfie e,
inciampando tra i corpi avvinghiati dei commensali, e i calici e i cibi
abbandonati nello spreco, fuggì via, le braccia strette al petto nell’inutile
tentativo di coprirsi con la veste slacciata che cadeva da ogni parte.
Mentre
attraversava il padiglione nel culmine dell’orgia, colse scene indescrivibili
di donne e uomini che si accoppiavano in massa. Non sussisteva differenza fra
giovani e vecchi, liberi e schiavi. Alcuni si intrattenevano con più amanti
contemporaneamente, e molti, non facendo caso a ciò che facevano, si univano
con passione a individui del loro stesso sesso.
Un coro di
voci femminili posto accanto a una fonte accompagnava il ritmo degli amplessi
con salmi vibranti.
La “voce”
nella testa di Saphina urlò di disappunto, ma cosa dicesse rimase un mistero
anche per lei, troppo sconvolta per udire, o ricordare quanto udito.
La giovane
di Roa uscì dal padiglione e la luce limpida del sole diretto, senza più teli
sanguigni, le provocò una vertigine.
Altri
invitati, più moderati, sedevano ai margini del porticato, bevendo e
conversando. Mentre lei correva oltre le colonne, non le concessero più di
un’occhiata pensosa.
Saphina
infilò una porta aperta, ritrovandosi in una stanza in penombra.
Era sola.
Ansimava e
batteva i denti, immobile nella calma improvvisa che stonava con la violenza
terribile che aveva subito. Il tocco prepotente di quelle mani estranee le
riaffiorò sulla pelle, rievocò altre mani e altri luoghi, il freddo delle notti
invernali di Roa…
La sua
pelle sudata fu squassata dai brividi; si sentì sommergere da un disgusto
infinito. Si sentì sudicia. Marchiata. Molto più di quando la sua famiglia
aveva scoperto la sua colpa… molto più di quando aveva ucciso.
Gettatasi
in un angolo provò a vomitare, ma riuscì solo a scoppiare in singhiozzi
violenti. Rannicchiatasi fra la porta e un mobile basso, strinse le ginocchia
al petto per non sentirsi più tanto nuda, esposta. Ma lo schifo rimase lì,
sopra e dentro di lei.
Le
lacrime, nere di kajal, macchiarono mani e pelle.
La veste
rossa era, ormai, un inutile brandello.
Posato il
capo tra le braccia, Saphina prese a invocare il nome di Mèlas con sempre
maggiore forza."
(cit. "Il principe del Drago" di Chiara Piunno)
Grande! Il libro l'ho letto e sai già quel che ne penso: grande!
RispondiElimina^^ sì, lo so! Grazie!
EliminaIo lo devo assolutamente leggere >w<
RispondiElimina=**= <3 quando vuoi! Grazie =^__^=
Elimina:3 sarò felicissima di avere una tua opinione!